Reazione Eccessiva

A volte ho delle reazioni eccessive. Lo so, ne sono perfettamente conscio. Ed a volte me la prendo con qualcuno. Se questo qualcuno, come nel 99.8% dei casi, mi è indifferente, il problema non sussiste. Se al contrario si tratta di quello 0.02%, beh… allora sono cazzi.

Questa è la volta di una persona facente parte quello 0.02% di cui mi frega qualcosa. Persona capitata nel mezzo, ha errato in buona fede, ma mi ha colto su un nervo scoperto. Mi sono incazzato con questa persona, è vero, ma so che forse la mia reazione è stata eccessiva, almeno con lei. E di contrappasso, ora io mi sento una merda. Quindi, facendo i conti, oltre ad essere incazzato come una bestia, ora sono anche triste.

Prima non era così, o meglio lo era ma la situazione era diversa: prima avevo la musica, ora non la ho più. Prima, quando proprio stavo incazzatissimo, prendevo la mia amata chitarra, l’attaccavo al mio amatissimo amplificatore, davo fuoco ai suoi 125 watt e facevo tremare il pavimento (e sono 32cm di cemento armato, mica cazzi). E quello stesso tremar di terra mi liberava, mi depurava. Se accompagnato dalla mia voce irata poi, il risultato era proprio ottimo.

Ora tutto questo non lo ho più. Non ho più tutto questo da più di un anno, da quando ho consegnato l’amplificatore in riparazione ad un amico di [SkiD], e non si sa SE e QUANDO ne tornerò in possesso. Non che [SkiD] ne abbia colpa, ma veramente ora mi trovo fuori dal mondo. Non posso più scaricare la mia rabbia.

E non faccio più arti marziali, perché non ne ho tempo… non faccio più karate, non faccio più capoeira, non faccio più kali filippino… e non bevo più, e non fumo più… non ho sollievi, neanche temporanei.

In compenso i problemi crescono. Ho un lavoro che farebbe gola a molti, eppure non mi da gusto e non mi vien voglia di lavorare, o nello specifico, di fare questo esatto tipo di lavoro. Ma nonostante questo i boss reclamano, i clienti cercano, il tempo è poco, troppo poco per permetterti di avere una vita tua nel frattempo. Prima, tra male o bene, trovavo sollievo nel “passatempo” chiamato rete, luogo telematico-cibernetico in cui mi ritrovavo a passare la maggior parte del mio tempo quando stavo ancora studiando, e che occupa gran parte del mio tempo ora. Ed anche in questo mondo, gli impegni vanno accavallandosi ed aumentando, ed io non so più dove sbattere la testa…

Per quelli che non lo sapessero, ora sono capo di un clan di un programma televisivo (L33T, in onda su Rai-Doc Futura e SKY 809, attorno alle 16), per la precisione di War Rock, un MMOFPS. E questo significa responsabilità verso tutti i componenti del clan, nonché il cercare di comportarsi sempre al meglio per il bene del team. E non solo. Ora sono anche diventato responsabile di una delle 4 sezioni del forum dello stesso programma, e questo, come indica la parola stessa, comporta altre responsabilità. Ovviamente sono orgoglioso di tutto ciò, sia del fatto che abbiano trovato in me un leader per il clan, sia per il fatto che mi abbiano ritenuto all’altezza della responsabilità di Play (anche se suppongo che quest’ultima sia stata più dovuta alla scarsità di persone eleggibili, ma questa è un’altra storia). Ma tutto questo sta aggiungendo più “carico” alla mia situazione attuale.

E poi non vuoi “programmare un elite check” per i tuoi amichetti? Avrei voluto rispondere “ti dispiace se ho una vita?” anche se non l’ho fatto, perché molto più probabilmente in realtà di vita non ne ho affatto. La gente mi chiama da ogni dove, e sta letteralmente tirando via ogni singolo brandello d’energia che mi rimane. E poi non vuoi pensare a cosa “farai da grande”? Certo, hai già un lavoro, annessi e connessi, ma se questa vita non ti piace così com’è, perché non cerchi di cambiarla?

Soggetto a reazioni eccessive. Nervoso. Iperteso. Iracondo. Lunatico. Violento. Folle. Borderline. Ossessivo-Compulsivo. <Aggiungi la tua parola qui>. Sono tutte cose che mi rappresentano, e l’han sempre fatto. Ma forse non sempre.

C’era un tempo in cui mi dicono io fossi “sempre sorridente”, in cui non piangevo mai, in cui nel caso mi fossi trovato da solo nella culla, senza nessuno attorno, avendo fame, non piangevo: cantavo. Non mi è mai piaciuto troppo il silenzio, sono sempre stato prono a far chiasso ben mirato, ma sempre più ultimamente mi ritrovo ad ascoltarne il rumore ed il suono, come dicevano Simon & Garfunkel. C’era un periodo in cui ero felice, ora non so più di esserlo, ammesso e non concesso ch’io l’abbia mai saputo.

Ma in quel tempo io avevo molti amici. In quel tempo io ero innamorato. In quel tempo io avevo una ragazza. In quel tempo non ero ancora stato tradito dai miei migliori amici. In quel tempo io avevo ancora la musica. In quel tempo io avevo trovato anche la demoscene. In quel tempo avevo infinite valvole di sfogo. In quel tempo avevo sempre ben chiaro ciò che volessi fare. E dopo, quando ho avuto dubbi sulla realizzabilità di ciò che avevo in mente in quel tempo, sono andato avanti in ogni caso. In quel tempo assimilavo conoscenza dove potevo. Ora che ho molta più conoscenza della maggior parte delle persone, rimpiango quel tempo, quando non l’avevo, e quando potevo risvegliarmi senza pensieri tutti i giorni.

Ma questi, come si suol dire, sono altri tempi.

Ogni tanto mi pare di avere un brandello di serenità, ma con altrettanta nonchalance sono in grado di rovinarmi la vita, e rendere inutile tutto ciò a cui quel piccolo brandello fosse valso. Ed il fatto di non sapere, nel bene o nel male, se questo, il fatidico caso dello 0.02%, sia una distruzione totale di tutto ciò che stavo lentamente cercando di costruire, mi sta ammazzando.

Si sa, io me le cerco. Ma state certi che per esperienza vi assicuro che se io non cerco i guai, i guai cercano me. E devo avere qualche fottutissimo segnalatore installato addosso, perché mi trovano sempre.

Ed in momenti come questi non riesco a non pensare a quanto accaduto pochi giorni fa… il primogenito di uno dei miei datori di lavoro, 21 anni, è morto. Stava guidando, ed ha portato altre 3 persone con se, mentre una è in condizioni critiche ed a rischio di morte. Aveva soldi a palate, era felice, non doveva preoccuparsi di nulla, era come me, solo più ricco, aveva sempre voglia di festeggiare. Ora è morto.

Quando penso a questo mi sento triste. Ho vissuto quattro anni in più di lui, e di solito dico di non voler vivere per sempre, e che mi piacerebbe finisse presto, però sento che avere qualcuno come lui all’altro mondo significa che c’è qualcosa di sbagliato. E che dopo tutto dovrei essere grato di ciò che ho, e cercare di non sputtanarlo.

Non so se ho già sputtanato tutto, ed ora che ci penso è anche più ironico, considerato che ho sempre considerato le parole tratte da U2 – Dirty Day come cose da ricordare sempre, anche se questa volta pare io non l’abbia fatto. Cosa posso dire…

Fai attenzione a dove miri
perché potresti anche colpire
e quando ti aggrappi a qualcosa così forte
l’hai già persa

2 pensieri riguardo “Reazione Eccessiva”

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