Diabolus in Musica

I am nothing, I am nothing, can’t do nothing in this tragedy
Io non sono nessuno, non sono nessuno, non posso far nulla in questa tragedia
(Exilia – Starseed)

È da un pò che non scrivo, lo ammetto, ma ho avuto talmente tanto a cui pensare che la voglia di scrivere si è praticamente annullata. Ed ora sono qui a scrivere, prima che mi passi la voglia. Prima che qualcuno mi corrompa per strada. Sono giorni che mi rifiuto di parlare, perché avevo bisogno di tempo per pensare, e ciò che ho pensato non mi è piaciuto.

Umore nero, un umore che una persona come me non può permettersi. Quando si entra in un negozio di un cliente non si può essere adirati, tristi o stressati, si può soltanto essere allegri. E non basta neanche una falsa allegria, bisogna essere davvero allegri, o saperlo fingere alla perfezione. E quando non lo sono, ovvero spesso, è esattamente quello che faccio. In fondo sono io quello che disse per primo che la verità è relativa, ed ho realmente applicato questa teoria a fondo, fino all’esaurimento.

C’è un momento in cui tutto ciò che avreste voluto dire e fare vi torna alla mente. E se i sogni non realizzati, tra bene o male, possono ancora diventarlo, le occasioni distrutte ed i sogni frantumati, no. Vi dite che non c’è problema, che il passato è passato, che è il futuro che conta, che il passato non si può cambiare. E ci credete davvero. E per parecchio, vivete con l’illusione che sia tutto finito. Fino a che non torna tutto, quando proprio non riuscite a trattenerlo… poco prima di addormentarvi…

Le persone con cui vi siete rifiutati di parlare prima della loro morte, le persone lasciate in mani altrui per esser stati troppo stupidi, tutte le strade che vi siete chiusi avanti e dietro, tutte le soglie che non avete varcato per stupidi motivi. Non c’è nulla di tutto ciò da cui potete mai ripararvi. Potete affondarli, affogarli, ma prima o poi tornano sempre a galla.

In my dreams I was drowning my sorrows, but my sorrows they learnt to swim,
surrounding me, going down on me, spilling over the brim.

Nei miei sogni affogavo le mie pene, ma impararono a nuotare,
circondandomi, affondandomi, traboccando.

(U2 – Until the End of the World)

Qualcuno vorrebbe aiutarvi, parlarvi, ma sapete perfettamente che né voi, né loro potete fare qualcosa al riguardo. E, loro malgrado, ne sono anch’essi pienamente consapevoli. Parlarne non serve, né volete parlarne in ogni caso. Vi fa male, anche troppo male, il solo pensarci. Ed allora si sorride, sempre e comunque, e quando ci si dimentica di farlo, ci si scusa con l’essere “pensierosi”. Mordendo il cuscino in piena notte, tentando di strozzare le lacrime, salvo poi ricordarvi che di lacrime non siete più in grado di versarne. Tante, troppe ne avete già versate. Ed allora rimanete lì, stringendo il cuscino tra i denti, facendo ben attenzione a soffocare tutto, a non svegliar nessuno. In fondo, non sono affari loro.

Una volta addormentati, pensate di esser salvi, o almeno lo sperate. Ma le cose peggiorano, e gli incubi vi perseguitano. Per tutta la notte. Ed al risveglio, stanchi come la morte, vi chiedete del perché vi sentiate tanto agitati, e la mente vi torna a tutti i pensieri passatici attraverso prima di dormire, condizionando così la vostra giornata. Che, come ogni altro giorno, sarà una parvenza di allegria e di spensieratezza.

E così via, tornando nuovamente alla vita normale. In cui la gente vi da addosso, in cui a nessuno importa ciò che fate, ed in cui nessuno si preoccupa del perché lo fate. Voi non vi sprecate più nel perder fiato dietro queste persone, e queste stesse persone non perdono tempo nel parlar male di voi alle vostre spalle. Nel complottare alle vostre spalle. Vi rendete conto che spiegare a chi non vuol sentire è praticamente inutile, e continuate con questa strada. Coloro che veramente vogliono sapere, sapranno, coloro a cui non interessa, parleran male. Ma almeno, avete qualcosa in meno sulla coscienza. E poi, si torna alla “normalità”.

«Ma c’è qualcosa che non va?»
Assolutamente no, tutto a posto. Va tutto bene. Sempre bene.

È Stata una Brutta Giornata

Così recita una canzone degli U2, e rende anche bene come descrizione delle mie ultime giornate.

Stamani mi sono svegliato presto. Senza neanche controllare l’ora mi sono rigirato nel letto, rimboccato le coperte e rimesso a dormire. Mi sono risvegliato. Mi sono rimesso a dormire. Mi sono risvegliato. Mi sono rimesso a dormire. E così facendo mi sono alzato un pò dopo il tramonto.

Mi capita spesso ultimamente di pensare al fatto che non ho alcun motivo per cui alzarmi dal letto ogni giorno, ma raramente sento il mio corpo bloccarsi al sol pensiero di doverlo fare. Questo è uno di quei giorni. Uno di quei giorni in cui neanche una lampada alogena da 100 watt puntata in fronte ti danno lo stimolo di spostare la testa, neanche per evitare la luce.

Cos’ho fatto per ridurmi così? Di certo non lo so, e dubito che lo scoprirò mai. Ringraziando Dio, che detto da me pare una battuta, non ho bisogno di preoccuparmi del lavoro, dato che quando “lavoro” guadagno più io in una settimana che una coppia di ragazzi in un intero trimestre, senza contare il fatto che tanto fino a Gennaio non devo neanche più curarmene. Fisicamente sto bene, i peggiori guai sembrano ormai un ricordo, ed ho imparato a contenere in gran parte la parte psicosomatica dei miei malesseri. Eppure…

Eppure…

Eppure tutto questo, che farebbe la felicità di innumerevoli persone, non mi basta. Qualcuno mi disse, e probabilmente continua a farlo, che tutto questo non conta semplicemente perché non c’è una persona con cui condividerlo. E sinceramente non mi sento neanche di darle torto.

Eppure, nonostante io mi sforzi di tenere la mia vita personale privata, c’è gente che continua a tartassare me ed altre persone a me vicine, con teorie, illazioni, “possibili risvolti rosa” ai miei ultimi colpi di testa e quant’altro. E la cosa mi fa imbestialire.

Una delle (tante) cose che mi fa imbestialire è quando la gente parla di me alle mie spalle, nel bene e nel male. In questo caso la parte del “oh, che teneri, si preoccupano per me” è NETTAMENTE sovrastata dal “oh, ma porca puttana, perché non pensano ai cazzi loro piuttosto che venire a pensare ai fatti miei? Non hanno nient’altro a cui pensare?”

Ho fatto un sogno oggi. In realtà ne ho fatti diversi, ma uno in particolare me lo ricordo. Ero ad Hong Kong, credo che volessi trasferirmi lì, però non avevo alcun posto in cui stare. Ed allora snowmask mi diede le chiavi del suo appartamento ed un divano su cui dormire, almeno fino a che non avessi trovato un appartamento. Brava ragazza, sempre detto io… Poi non ricordo bene cosa sia successo, ricordo di me sotto un ponte ad HK con un piumone, stile clochard, con dei bastardi che volevano darmele di santa ragione tanto per svagarsi e roba così… ricordi un pò confusi, ma credo sia normale. Ah, m’è appena tornato in mente che avevo anche deciso, sempre in sogno, di comprarmi un Wii… mah…

Pare che anche i miei sogni abbiano capito cosa dovrei fare: alzarmi ed andarmene il più lontano possibile. E se non mi suonasse troppo come una fuga, lo farei anche. Però potrei sempre considerarla come “ritirata strategica”. Ci sto pensando e ripensando in questi giorni, anzi, a dire il vero ci sto pensando da parecchio. Ho anche fatto una settimana di “non esiste altro mondo all’infuori di me” nel quale mi sono scollegato dal resto dell’universo ed ho soltanto lavorato. E mi ha fatto anche abbastanza bene, non foss’altro che una volta tornato le cose sono andate un pò meglio, salvo poi precipitare.

Come detto ieri sera durante una conversazione, sono in stallo. So che l’unica via di salvezza è l’eiezione, ma rimango ben saldo al mio Su-27. E qui i finali che si prospettano sono due, entrambi validi: precipito ed “aspetto il peggio, che non sta nella caduta ma nell’atterraggio”; riesco a far ripartire i motori, riprendere quota e sfrecciare via. Al momento, manco a dirlo, sto per salutare il terreno.

Così come pensavo quand’ero ancora nel letto, vorrei chiudere questo post con un estratto da Savatage – Morphine Child:

Sono troppo vecchio per vivere questo
Ho vissuto troppo a lungo per ricevere questo
Potrà il nostro dio perdonare questo?

Avevo una luce che brillava
Nella mia mente
Oramai la vedo raramente

Ora è per lo più oscuro
Accetto per delle scintille
Non riesco a ricordare a cosa servono

Io sono il figlio della morfina
Il sogno impuro
La metafora senza fine
Io sono il mago di OZ
Effetto e causa
Non guardare mai dietro quella porta

Canti
Canti
Canti
Canti

Non ascolto mai la folla prima di me
Non ascolto mai gli auto-investiti
Non ho mai voluto creder loro in ogni caso

Il tempo svanisce
La notte chiama
Io sono sulla mia strada

Voltati, voltati
Voltati, voltati

Il tempo svanisce
La notte chiama
Io sono sulla mia…

Per Voi

C’è una canzone di cui potrei parlarvi, o che meglio potrebbe parlare a voi di me.

Questa merda qui è per voi
posso vedere tutte le vostre facce
tutti voi pensate riguardi me

Sto per spezzarmi
Questo è il mio destino
Sono ancora dannato in una vita di miseria ed odio?

Non saprete mai cosa ho fatto per voi
Cosa, voi tutti, mi avete fatto passare

L’ho fatto per voi

Potrei non aver mai amato se non fosse stato…
per voi…

(Korn – 4 U)

Questo rappresenta come mi sento. E non è una cosa piacevole. Comunque dialogando con [SkiD] ieri sera, mi ha espresso il suo dissenso da quanto scritto qui sopra. E illustrerò le differenze di pensiero.

La mia vita è, per così dire, basata sull’odio. Ciò che sono oggi, lo devo alla rabbia, all’odio, al rancore, alle persone che mi hanno tradito e che dapprima ho messo in ginocchio, poi fatte strisciare, poi fatte scavare la propria fossa. E per quanto io cerchi di uscirne, non ci riesco. Provo con tutte le mie forze di abbattere tutte le porte che mi si presentano di fronte, cerco strenuamente di riuscire a costruire qualcosa di buono, ma nonostante questo ricevo porte in faccia, anche dalle persone che ho aiutato senza chiedere nulla in cambio. E questo mi rattrista lasciandomi un senso di vuoto e miseria prima, e di odio poi verso le persone che lo meritano.

Ma [SkiD] dissente pesantemente da questa visione: «Se hai una sola lira all’attivo ed hai avuto miliardi di costi, hai pur sempre una lira all’attivo, quindi sei in attivo». Ed ha aggiunto al teorema il fatto che se tante persone mi rispettano non posso considerare la mia vita misera, dato che ho qualcosa di veramente raro che in questo mondo è molto difficile da trovare.

Mi ha dato da pensare. Evito i dettagli della discussione perché sarebbe troppo personale, ma mi ha dato da pensare. Parecchio. Ho sempre ritenuto/saputo di infliggermi del male parzialmente di proposito, o in ogni caso di non evitarlo. «Every artist is a cannibal, every poet is a thief, all kill their inspiration and sing about the grief» .

Ma sono stufo anche di questo. Non voglio più sentirmi così, non ne voglio più sapere, ho già dato. Se vado avanti trovo miseria, se rimango fermo trovo odio, se torno indietro, cosa neanche possibile, trovo tutto ciò per cui sono cambiato. E sono cambiato parecchio, ve lo assicuro.

Fai del bene e scordalo, fai del male e dimenticalo. Anche questo mi ha rammentato ieri, ed anche questo mi ha dato da pensare. Io ho il bruttissimo vizio di fare quello che mi dice il cuore, nel bene e nel male, ma soprattutto nel bene. E come già detto prima lo faccio senza chiedere nulla in cambio, l’ho sempre fatto e continuo a farlo perché lo voglio fare e perché mi fa piacere. Non voglio riconoscenza. Disse il saggio:  «la riconoscenza è solo una pura e genuina voglia di ricevere nuovi privilegi» . Io ho sempre dato, raramente ho preso, ho sempre pensato agli altri, raramente a me stesso, ed anche quando nonostante tutto il bene fatto sono stato pugnalato alle spalle non mi sono scomposto. Ho cercato, atteso, trovato e gustato vendetta, quello si, ma non mi sono scomposto, né mai ho rinnegato ciò che avevo fatto loro.

In ogni caso, più passano i minuti più mi chiedo cosa io stia facendo, perché lo stia facendo e cosa mi aspetto da questo mio comportamento. Mi ha messo la pulce nell’orecchio.

Cos’è che sto cercando?

Reazione Eccessiva

A volte ho delle reazioni eccessive. Lo so, ne sono perfettamente conscio. Ed a volte me la prendo con qualcuno. Se questo qualcuno, come nel 99.8% dei casi, mi è indifferente, il problema non sussiste. Se al contrario si tratta di quello 0.02%, beh… allora sono cazzi.

Questa è la volta di una persona facente parte quello 0.02% di cui mi frega qualcosa. Persona capitata nel mezzo, ha errato in buona fede, ma mi ha colto su un nervo scoperto. Mi sono incazzato con questa persona, è vero, ma so che forse la mia reazione è stata eccessiva, almeno con lei. E di contrappasso, ora io mi sento una merda. Quindi, facendo i conti, oltre ad essere incazzato come una bestia, ora sono anche triste.

Prima non era così, o meglio lo era ma la situazione era diversa: prima avevo la musica, ora non la ho più. Prima, quando proprio stavo incazzatissimo, prendevo la mia amata chitarra, l’attaccavo al mio amatissimo amplificatore, davo fuoco ai suoi 125 watt e facevo tremare il pavimento (e sono 32cm di cemento armato, mica cazzi). E quello stesso tremar di terra mi liberava, mi depurava. Se accompagnato dalla mia voce irata poi, il risultato era proprio ottimo.

Ora tutto questo non lo ho più. Non ho più tutto questo da più di un anno, da quando ho consegnato l’amplificatore in riparazione ad un amico di [SkiD], e non si sa SE e QUANDO ne tornerò in possesso. Non che [SkiD] ne abbia colpa, ma veramente ora mi trovo fuori dal mondo. Non posso più scaricare la mia rabbia.

E non faccio più arti marziali, perché non ne ho tempo… non faccio più karate, non faccio più capoeira, non faccio più kali filippino… e non bevo più, e non fumo più… non ho sollievi, neanche temporanei.

In compenso i problemi crescono. Ho un lavoro che farebbe gola a molti, eppure non mi da gusto e non mi vien voglia di lavorare, o nello specifico, di fare questo esatto tipo di lavoro. Ma nonostante questo i boss reclamano, i clienti cercano, il tempo è poco, troppo poco per permetterti di avere una vita tua nel frattempo. Prima, tra male o bene, trovavo sollievo nel “passatempo” chiamato rete, luogo telematico-cibernetico in cui mi ritrovavo a passare la maggior parte del mio tempo quando stavo ancora studiando, e che occupa gran parte del mio tempo ora. Ed anche in questo mondo, gli impegni vanno accavallandosi ed aumentando, ed io non so più dove sbattere la testa…

Per quelli che non lo sapessero, ora sono capo di un clan di un programma televisivo (L33T, in onda su Rai-Doc Futura e SKY 809, attorno alle 16), per la precisione di War Rock, un MMOFPS. E questo significa responsabilità verso tutti i componenti del clan, nonché il cercare di comportarsi sempre al meglio per il bene del team. E non solo. Ora sono anche diventato responsabile di una delle 4 sezioni del forum dello stesso programma, e questo, come indica la parola stessa, comporta altre responsabilità. Ovviamente sono orgoglioso di tutto ciò, sia del fatto che abbiano trovato in me un leader per il clan, sia per il fatto che mi abbiano ritenuto all’altezza della responsabilità di Play (anche se suppongo che quest’ultima sia stata più dovuta alla scarsità di persone eleggibili, ma questa è un’altra storia). Ma tutto questo sta aggiungendo più “carico” alla mia situazione attuale.

E poi non vuoi “programmare un elite check” per i tuoi amichetti? Avrei voluto rispondere “ti dispiace se ho una vita?” anche se non l’ho fatto, perché molto più probabilmente in realtà di vita non ne ho affatto. La gente mi chiama da ogni dove, e sta letteralmente tirando via ogni singolo brandello d’energia che mi rimane. E poi non vuoi pensare a cosa “farai da grande”? Certo, hai già un lavoro, annessi e connessi, ma se questa vita non ti piace così com’è, perché non cerchi di cambiarla?

Soggetto a reazioni eccessive. Nervoso. Iperteso. Iracondo. Lunatico. Violento. Folle. Borderline. Ossessivo-Compulsivo. <Aggiungi la tua parola qui>. Sono tutte cose che mi rappresentano, e l’han sempre fatto. Ma forse non sempre.

C’era un tempo in cui mi dicono io fossi “sempre sorridente”, in cui non piangevo mai, in cui nel caso mi fossi trovato da solo nella culla, senza nessuno attorno, avendo fame, non piangevo: cantavo. Non mi è mai piaciuto troppo il silenzio, sono sempre stato prono a far chiasso ben mirato, ma sempre più ultimamente mi ritrovo ad ascoltarne il rumore ed il suono, come dicevano Simon & Garfunkel. C’era un periodo in cui ero felice, ora non so più di esserlo, ammesso e non concesso ch’io l’abbia mai saputo.

Ma in quel tempo io avevo molti amici. In quel tempo io ero innamorato. In quel tempo io avevo una ragazza. In quel tempo non ero ancora stato tradito dai miei migliori amici. In quel tempo io avevo ancora la musica. In quel tempo io avevo trovato anche la demoscene. In quel tempo avevo infinite valvole di sfogo. In quel tempo avevo sempre ben chiaro ciò che volessi fare. E dopo, quando ho avuto dubbi sulla realizzabilità di ciò che avevo in mente in quel tempo, sono andato avanti in ogni caso. In quel tempo assimilavo conoscenza dove potevo. Ora che ho molta più conoscenza della maggior parte delle persone, rimpiango quel tempo, quando non l’avevo, e quando potevo risvegliarmi senza pensieri tutti i giorni.

Ma questi, come si suol dire, sono altri tempi.

Ogni tanto mi pare di avere un brandello di serenità, ma con altrettanta nonchalance sono in grado di rovinarmi la vita, e rendere inutile tutto ciò a cui quel piccolo brandello fosse valso. Ed il fatto di non sapere, nel bene o nel male, se questo, il fatidico caso dello 0.02%, sia una distruzione totale di tutto ciò che stavo lentamente cercando di costruire, mi sta ammazzando.

Si sa, io me le cerco. Ma state certi che per esperienza vi assicuro che se io non cerco i guai, i guai cercano me. E devo avere qualche fottutissimo segnalatore installato addosso, perché mi trovano sempre.

Ed in momenti come questi non riesco a non pensare a quanto accaduto pochi giorni fa… il primogenito di uno dei miei datori di lavoro, 21 anni, è morto. Stava guidando, ed ha portato altre 3 persone con se, mentre una è in condizioni critiche ed a rischio di morte. Aveva soldi a palate, era felice, non doveva preoccuparsi di nulla, era come me, solo più ricco, aveva sempre voglia di festeggiare. Ora è morto.

Quando penso a questo mi sento triste. Ho vissuto quattro anni in più di lui, e di solito dico di non voler vivere per sempre, e che mi piacerebbe finisse presto, però sento che avere qualcuno come lui all’altro mondo significa che c’è qualcosa di sbagliato. E che dopo tutto dovrei essere grato di ciò che ho, e cercare di non sputtanarlo.

Non so se ho già sputtanato tutto, ed ora che ci penso è anche più ironico, considerato che ho sempre considerato le parole tratte da U2 – Dirty Day come cose da ricordare sempre, anche se questa volta pare io non l’abbia fatto. Cosa posso dire…

Fai attenzione a dove miri
perché potresti anche colpire
e quando ti aggrappi a qualcosa così forte
l’hai già persa